Coronavirus: un’emergenza – che ha decimato una generazione di italiani – accompagnata da incapacità politica ed incompetenza

Lo scrittore Antonio Scurati (Corriere della Sera del 15/04/2020) scrive un “Epitaffio per i bambini degli anni Quaranta” che erano sopravvissuti alla seconda guerra mondiale e ora, nel 2020, ci hanno lasciato a causa del Coronavirus.

Tante persone, di una certa età, ci hanno lasciato in questo periodo in cui, in particolare, l’Italia è stata trovata assolutamente impreparata ed incapace di reagire in modo saggio ed ordinato, ad un evento di grande portata sanitaria e sociale.

Scurati riporta un appello che circolerebbe in rete: “Se ne vanno, se ne vanno mesti, silenziosi, come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni… Se ne vanno mani indurite dai calli, visi segnati da rughe profonde, mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato il ferro, in canottiera e cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero. Ci lasciano avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati”.

Scrive ancora lo scrittore che “È terribile doversene andare senza un volto amato da poter contemplare. Non si può immaginare morte peggiore. Eppure, questo è stato il loro destino in una primavera senza gioia. Ci sono parole per piangere i defunti e ci sono parole per consolare i viventi. Le seconde non sono possibili se non sono state recitate le prime”.

E conclude il suo articolo dicendo che “Nessuna «fase 2» giungerà davvero se prima non avremo scavato la terra, deposto le bare, protetto il tumulo con fiori da bordura. Ora è il tempo di piangere i nostri morti. Di promettere a noi stessi che i bambini del ’40 non saranno dimenticati. Che la terra vi sia lieve”.

Eppure, innanzi a tanto immane tragedia individuale e sociale, assistiamo alla conta di infettati e di morte.

Di contro, vi è una “politica” incapace di scelte, interventi e messaggi chiari ed univoci; assistiamo ad una vergognosa competizione tra governatori delle regioni; al proliferarsi di esperti e tecnici, ognuno capace di emettere sentenze e dare indicazioni (a volte contrastanti tra loro); a scontri all’interno del governo centrale e prese di posizioni tra maggioranze ed opposizioni che disorientano e minano ogni forma di fiducia dei cittadini nei confronti dei governanti. Sembra una gara a mostrarsi i più bravi.

Poi scopriamo che per decenni abbiamo depauperato il Servizio Sanitario Nazionale, togliendo personale, strutture, competenze e cultura nonché affidandone la gestione a “lacchè” della politica.

Il sistema sanitario della Lombardia – per anni declamato dalla gestione Lega/Forza Italia – con l’attuale emergenza, ha mostrato i suoi limiti proprio per l’incapacità dei suoi governanti di ora e del passato (é significativa l’analisi di carenze, inefficienze ed incapacità decisionali della Regione Lombardia fatta da Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul Corriere della Sere del 15.04.2020).

In ogni caso, segno emblematico della cattiva gestione sono l’elevato numero di infettati e di morti dal virus tra il personale sanitario e la strage di anziani nelle residenze sanitarie assistenziale (cd RSA) della regione.