Istituzioni da riformare: i partiti politici

La sempre più difficile situazione economica e sociale dell’Italia; l’inettitudine di governo e parlamento protesi solo a tutelare interessi personali sembrano fare vedere più vicina la loro fine.
Purtroppo ci manca la speranza di poter veramente “voltare pagina”. Di ricominciare dopo una riforma delle istituzioni capace di correggere i profili antidemocratici che hanno pervaso(specie in questo ultimo ventennio) il nostro ordinamento (legge elettorale; invadenza della politica nell’Amministrazione; conflitti d’interesse; ecc).
In questi ultimi anni abbiamo calpestato alcuni principi giuridici ritenuti da sempre fondamentali, non solo del nostro ordinamento giuridico: la generalità ed astrattezza della norma; il principio di eguaglianza; l’imparzialità della pubblica amministrazione.
Il governo ha proposto ed il parlamento ha approvato, con inusitato servilismo, norme che cozzano palesemente con i suddetti principi.
Questa lunga esperienza negativa di governo ha posto in risalto diverse anomalie dell’organizzazione dello Stato e dello svolgimento delle sue funzioni.
Di queste anomalie, parte fanno capo un preciso intento della classe al governo di svincolarsi da alcune regole fondanti della democrazia (trasparenza, imparzialità, indipendenza tra organi e poteri, selezione meritocratica, ecc.), parte hanno origini più remote.
Fra queste, la recente esperienza di governo ha fatto risaltare due necessità:
a) La durata limitata degli incarichi elettivi e di governo; ciò per ridurre l’attaccamento al potere ed impedire, scelte a favore di un gruppo sociale di riferimento;
b) L’osservanza dei principi e del metodo democratico da parte dei partiti politici e con essi, l’esclusione dall’agone politico di partiti che, pur rispettando formalmente e nell’azione concreta il metodo democratico, perseguono come fine ultimo trasformazioni radicali dell’assetto dello stato.
La durata limitata degli incarichi è elemento nodale del funzionamento della democrazia. Il desiderio di conservare “posizioni personali di privilegio” induce a scelte che, il più delle volte, non hanno alcuna rispondenza con l’interesse della comunità.
Ma un’altra anomalia – propria dei due maggiori partiti di governo (PDL e Lega) e che incide pesantemente sul funzionamento degli organi istituzionali – è l’assenza in essi di regole interne di funzionamento. Non possono essere considerati come meramente “privati” associazioni di persone che costituiscono l’unico strumento per dare ossatura alla struttura dello Stato-persona.
Peraltro, l’art. 49 della nostra lungimirante Carta Costituzionale stabilisce che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Questo mancanza ha innestato nel nostra già mal messo sistema democratico (conflitti di interesse; nomina dei parlamentari; privilegi di “casta”; grave ingerenza dei politici nella Pubblica Amministrazione; lentezza ed inefficienza degli organi giurisdizionali) una ulteriore stranezza.
Con riguardo specifico alla esperienza che stiamo vivendo, al governo si trovano due pseudo-partiti. Infatti per il PDL e la Lega – sia pure per motivi diversi: in un caso per la posizione economica dominante del capo, nell’altro per esserne il fondatore-padrone – più che di partiti può parlarsi di “supporter” di due persone.
Di fatto ci troviamo ad essere governati da due persone (assolutamente non illuminate) che hanno grandi interessi personali da perseguire con cinico disprezzo dell’interesse generale e dei cittadini.